Uno dei motivi per cui è stato ingaggiato Mourinho

La Roma si appresta a giocare la gara dell’anno. Non è una finale, ma per l’importanza dei campionati e il blasone delle squadre, si può tranquillamente dire che chi vincerà tra Roma e Leicester sarà la stragrande favorita per la conquista della prima UEFA Europa Conference League (col massimo rispetto per Feyenoord e Marsiglia). L’1-1 dell’andata e il nuovo regolamento per i gol segnati in trasferta fa sì che l’unico vantaggio per i giallorossi sarà quello di avere la bolgia dello Stadio Olimpico dalla propria e gli eventuali supplementari o rigori da giocarsi in casa. Un fattore che non si sa quanto possa sopperire alla tegola Mkhitaryan (recuperabile per l’eventuale finale), vero e proprio fulcro del gioco romanista. La gara contro il Bologna non è da considerare e Mourinho si sa essere un allenatore che prepara al meglio la parte emotiva e tenta di insinuarsi nella psiche degli avversari per incutere maggior timore. Un qualcosa di simile è stato visto dopo la sconfitta in Norvegia. Dopo la batosta rimediata nella fase a gironi, Mou (criticato per questo) se la prese coi suoi giocatori. Allora la stagione era lunga e la Roma ancora da plasmare. Dopo la sconfitta nell’andata dei quarti invece l’attenzione fu subito spostata sul fatto che la squadra più forte fosse la sua e che sicuramente avrebbe passato il turno. Inutile raccontare come sia andata a finire. 

Contro il Leicester è stata più o meno la stessa cosa, la sfida verrà presentata con un più cauto ottimismo, ma Mourinho nella sua testa sa che il più, ovvero non perdere in Inghilterra, sia stato fatto. In campo a guidare la squadra sarà il solito asse portante: Rui Patricio, Smalling, Cristante, Pellegrini, Abraham. Un mix tra giocatori esperti e chi deve iniziare ad affermarsi, perché è arrivato il momento di fare il salto di qualità. Accanto a loro gli altri soliti noti, da Karsdorp a Mancini, Ibanez, Zalewski, Oliveira fino a Zaniolo, anche ognuno di loro con la propria storia ancora da scrivere. In campo la partita la vincono sempre i giocatori, ma per questa Roma è un discorso che vale meno, specie quando di campioni ne hai 0 e hai lo Special One in panchina. 

Tempo fa disse di essere arrivato a un punto della propria carriera in cui vuole vincere più per far provare la sensazione ai suoi giocatori che a se stesso. Un discorso maturo, ma tra il dire e il fare non c’è il mare stavolta, ma l’adrenalina che dà il campo. Un qualcosa che, lo sa chiunque abbia giocato anche a livelli bassi, trasforma le persone e di base si vuole sempre vincere. In questo Mou è un normal one come tutti noi, basti vedere che ogni partita quanto la “giochi” pur non potendo scendere in campo (che poi spesso varca la linea del fallo laterale). 

Fatte tutte queste premesse è abbastanza semplice, trasparente, quanto vero che la Roma, nel suo processo di risalita abbia scelto un allenatore come Mourinho proprio per tornare a vincere un trofeo, anche se è appena il terzo continentale per importante (che poi chissenefrega, intanto vincilo). 
Come spesso dice ai propri giocatori, lui certe pressioni le può reggere, ha vinto tutto, per esperienza è nettamente al di sopra di tutti nella competizione. Roma-Leicester, andare in finale e poi vincere la Conference League è semplicemente il motivo per cui Mourinho è alla RomaVeni, vidi…

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