Si decide all’Olimpico

Il dubbio del bicchiere – sarà mezzo pieno o mezzo vuoto? – accompagnerà la Roma fino a giovedì prossimo, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport. A nostro parere, i segnali che giungono dalla notte di Leicester vedono una Roma ormai pienamente all’altezza di arrivare alla finale di Conference League. Tutto questo, non solo per il risultato finale – un 1-1 giusto e santificato dalle reti di capitan Pellegrini e dall’autogol di Mancini (propiziato da Lookman) – ma per la personalità che la squadra di José Mourinho ha saputo mostrare per tutta la partita. Gli spauriti fantocci che ad ottobre furono umiliati dal Bodo stavolta – davanti agli occhi dei Friedkin – tengono il campo, si difendono quando devono e attaccano quando possono. Per questo al ritorno, davanti ai quasi 70.000 spettatori di un Olimpico bollente, è possibile che l’inerzia della qualificazione passi dai nuovi ricchi della Premier League alla nobiltà decaduta della Serie A.  La Roma è stata chirurgica. Lascia sfogare i padroni di casa e poi, a folate, alza il pressing per disturbare l’impostazione e far perdere le distanze agli inglesi. Così al 15’ un cambio di gioco di Zaniolo trova Zalewski solo sulla fascia e in grado di accelerare e servire il taglio di Pellegrini, il cui tiro passa fra le gambe di un impacciato Schmeichel. È il vantaggio, che i giallorossi paiono gestire senza troppe sofferenze. La ripresa comincia sulla falsariga del primo tempo: “foxes” in pressione e lupi in attesa. In avvio un brividino arriva già al 5’, quando un colpo di testa spaventa Rui Patricio. La Roma perde Mkhitaryan per infortunio muscolare e con Veretout la squadra tende ad abbassarsi maggiormente, anche perché gli ingressi di Barnes e Iheanacho per Albrighton e Vardy scuotono il Leicester. Mourinho toglie Zaniolo per infoltire il centrocampo con Oliveira. I giallorossi si schiacciano troppo e non è un caso che al 23’ giunga il pari, propiziato da un assist proprio di Barnes per Lookman che, in tandem con Mancini, la butta alle spalle del portiere portoghese. La squadra di Foxes ci crede e al 27’, servito da Madison, è proprio Iheanacho a sfiorare il raddoppio di testa. A quel punto comincia un’altra partita. Fino a quel momento i giallorossi avevano tirato verso la porta solo in occasione del gol, ma al 33’ arriva il bis, con una conclusione di Veretout. Niente di che, ma è un segnale perché, dopo che Rui Patricio è bravo a togliere dall’angolino una conclusione di Iheanacho, i giallorossi si scuotono e vanno vicino al raddoppio dopo che Abraham, finalmente rivitalizzato, trova di tacco Oliveira, su cui Schmeichel è bravo a deviare in angolo.  I titoli di coda, però, se li prende ancora Mourinho, che entra quasi in campo dopo che al 43’ una manata di Iheanacho fa sanguinare il naso di Smalling. Quanto basta per riaccendere i cori del King Power contro lo Special One, come nei giorni belli della Premier League. Ma adesso il portoghese è l’arma in più dei giallorossi. L’asso motivazionale che la Roma calerà giovedì all’Olimpico per volare fino a Tirana. Il sogno della Coppa, adesso, non è poi così lontano.

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