Rui Patricio e Oliveira: le due certezze nel solco di Jose

A volte bastano tre fotogrammi per avere un compendio esaustivo di una partita. È il caso di Roma-Cagliari. Minuto 4: Oliveira imbuca da trequarti per Zaniolo, messo giù in area. Maggioni non ha esitazioni: rigore. Il portoghese è approdato a Roma pochi giorni prima, sono i suoi primi istanti con la nuova maglia, ma è ancora meno titubante dell’arbitro: prende il pallone e si avvia verso il dischetto. Soltanto l’intervento postumo del Var lo fa desistere. Passa meno di mezz’ora: il 27 conclude una percussione di Mkhitaryan con un tentativo da fuori area, il pallone trova un braccio di Dalbert e questa volta è Pairetto dalla sala video a richiamare l’attenzione dell’arbitro. Il rigore è buono, l’esecuzione del neo-acquisto impeccabile. Il terzo episodio arriva a un’ora e venti dal primo: gara agli sgoccioli, la Roma crea tanto ma concretizza zero e allora i sardi provano il colpaccio nell’unica vera sortita offensiva degna di nota. Joao Pedro colpisce a botta sicura, ma Rui Patricio con un riflesso prodigioso (a maggior ragione dopo 83 minuti di sterilità delle punte rossoblù, che avrebbero potuto indurlo al torpore) smanaccia sulla traversa. Vittoria in porto, chiara in calce la firma portoghese. Doppia. In teoria anche tripla e quadrupla, visto che ad aver chiesto i due giocatori è stato José Mourinho e ad accontentarlo ci ha pensato Tiago Pinto (attore non secondario nelle trattative anche Jorge Mendes, altro loro connazionale nonché agente dei due calciatori e dello Special One).

Sono stati proprio Rui e Sergio le primissime scelte di mercato di JM, quelle sulle quali probabilmente non sarebbe stato disposto a derogare. Individuati sì per le rispettive qualità, ma anche – se non soprattutto – per il tasso di personalità che i loro arrivi avrebbero potuto aggiungere a una rosa giovane e ancora in piena costruzione, come si conviene a ogni inizio ciclo, in particolare senza il denaro sonante della Champions. Quando nella scorsa estate la preferenza per il ruolo di portiere – delicato in assoluto, anche di più nella Roma, dove negli ultimi anni certezze ce ne sono state poche – è stata accordata al numero 1 del Portogallo, qualcuno ha storto il naso. Arriva da un club non di primissima fascia (il Wolverhampton), il rapporto età-prezzo non è conveniente, le obiezioni principali. In breve smentite dai fatti. Rui comanda la difesa come non si vedeva da tempo, è attento fra i pali, sicuro nelle uscite, bravo coi piedi. Para sempre il parabile e in più di qualche occasione non si sottrae agli straordinari cui viene chiamato. Di errori clamorosi si ricorda soltanto il gol subito sul beffardo corner di Calhanoglu; di interventi decisivi, diversi. Non è un caso che i suoi clean-sheet stagionali siano già undici, dei quali otto in campionato. Meglio di lui in Serie A soltanto Handanovic e Ospina (entrambi a quota dieci), ma con la protezione di difese molto più rodate di quella giallorossa. La sua media-voto per Il Romanista è 6,20, poco usuale (e dimenticata da tempo qui) per chi gioca fra i pali. Ha debuttato con un bel 7 in pagella Oliveira, non soltanto per la personalità con cui si è preso il rigore e la freddezza con cui lo ha trasformato. L’ex Porto ha impiegato pochissimo a prendere in mano il centrocampo, fra verticalizzazioni, lunghi cambi di gioco, dinamismo e contrasti. Appena arrivato è diventato subito un punto di riferimento per i compagni, che lo hanno cercato spessissimo perché lui si è fatto trovare ovunque. È il carisma che si cercava. E ora c’è.

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