La Roma è un muro da finale

Alla fine è sempre Roma. Guerriera, sofferente, cattiva, grintosa, generosa, scrive Gian Battista Olivero su La Gazzetta dello Sport. Bella no, magica sì perché dopo aver vinto la Conference va in finale di Europa League confermando la grande dimensione europea. Ieri a Leverkusen la squadra di José Mourinho non ha mai tirato nello specchio della porta e una volta sola fuori. Ha superato la metà campo solo quando era costretta dagli eventi e si è dedicata esclusivamente alla fase difensiva, tra l’altro meno pulita e precisa di altre volte. Ha concesso più del solito, ha barcollato, ma non è caduta. Il Bayer ha calciato sette volte in porta e ventiquattro complessivamente, però conta segnare e il gol della qualificazione è quello di Edoardo Bove all’Olimpico. A Budapest la Roma sfiderà il Siviglia e quella sera bisognerà anche proporre una fase offensiva credibile. Però oggi è giusto celebrare una squadra che ha anche superato alcune difficoltà oggettive: a Leverkusen Smalling è entrato solo nel finale, Dybala è rimasto in panchina tutta la gara, Spinazzola si è infortunato nel primo tempo, Celik si è fatto male nella ripresa e negli ultimi minuti è stato Bove a fare il terzino destro. Insomma, poco calcio, ma tanta, tantissima dedizione e forza di volontà. E queste sono le situazioni in cui emerge il magistero di Mourinho, bravissimo a cucire addosso ai suoi giocatori il vestito che lui stesso predilige. Per José è la sesta finale e le altre 5 le ha vinte. A Budapest la Roma cerca la corona di principessa d’Europa.

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