Una Roma che ha un fisico bestiale

Bella, sporca, cattiva. E tosta, molto tosta. Con una freschezza atletica da inizio stagione, piuttosto che da fine. Al punto che, a Napoli, ha concluso la partita non solo strameritando il pareggio, ma con un dominio fisico totale che avrebbe legittimato i tre punti (al di là di qualsiasi considerazione arbitrale che pure si potrebbe fare) su cui nessuno avrebbe potuto obiettare (escluso Di Bello and partners ovviamente ) . Eppure una logica quanto banale considerazione della vigilia, poteva far supporre l’esatto contrario. La Roma,scrive Piero Torri, giovedì scorso aveva giocato un quarto di finale di Conference League che, in ogni caso, al di là delle quattro pappine rifilate ai vichinghi mascherati, un certo dispendio di energie mentali e fisiche lo aveva richiesto. L’ultimo Napoli conosciuto in campo, al contrario, era datato il dieci aprile scorso, otto giorni pieni per preparare da un punto di vista fisico, mentale e tattico la sfida ai giallorossi.

C’è dell’altro. Mourinho, rispetto alla sfida contro il Bodø, ne ha confermati dieci, il solo Mikhitaryan in panchina, poi mandato in campo nella ripresa quando la Roma ha cominciato a prendere il pallino del gioco in mano senza più lasciarlo. C’è di più. Quella al Maradona di Napoli, per i giallorossi è stata la quarantasettesima partita ufficiale della stagione, trentatrè in campionato, dodici in Europa (comprendendo il doppio play off per qualificarsi al girone di Conference), due di Coppa Italia. Il Napoli, invece, ieri ha sentito il fischio d’inizio di una gara per la quarantaduesima volta in stagione. Cinque partite in più, quattrocentocinquanta minuti (e recuperi) in più rispetto agli avversari, a questo punto dell’annata possono rappresentare una differenza importante, soprattutto nel finale di una partita vera dal primo minuto come è stata quella di ieri contro la squadra di Spalletti.

Infine, non va neppure dimenticato che per buona parte della stagione, Mourinho si è affidato a tredici-quattordici giocatori, poi la scoperta di Zalewski, l’arrivo di Sergio Oliveira, la conferma di poter contare su El Shaarawy, il recupero di Kumbulla, le corse di Felix, i piccoli segnali di vita di Carles Perez, la nuova dimensione part-time di Veretout, stanno consentendo allo Special One uno sfruttamento della panchina che si sta rivelando fondamentale per la continuità dei risultati (ieri dodicesima partita utile consecutiva in campionato) con cui la Roma sta prendendo di petto questo duemilaventidue (ultima sconfitta in serie A è datata nove gennaio scorso, quell’incredibile suicidio sportivo contro la  Juventus all’Olimpico).

Nonostante tutto questo, la Roma che stiamo vivendo da oltre due mesi a questa parte, è una squadra che, con il passare dei minuti delle gare, va sempre meglio. Non è quindi un caso che ieri, a Napoli, il gol del pareggio di El Shaarawy arrivato nei minuti di recupero, abbia confezionato la dodicesima partita in cui la Roma ha migliorato il risultato in campo nell’ultimo quarto di gioco. Il dato diventa ancora più evidente, se si prendono in considerazione le partite in cui la Roma, nei recuperi, ha sistemato a suo vantaggio il risultato finale. Con quella di ieri sono sei le partite che nell’extra time ci hanno fatto saltare in piedi gridando gol (la rete della vittoria con il Sassuolo all’Olimpico, il pareggio di Cristante sempre contro il Sassuolo al Mapei, il rigore da tre punti a Spezia, quello a Udine per il pari, il pareggio qualificazione con il Vitesse). Sommando sono sei punti in più in classifica, sei punti che fanno tutta la differenza del mondo nella corsa all’Europa del prossimo anno.

Ma per dare a Mou quello che è di Mou (anche se c’è un tecnico che non ne avrebbe bisogno questo è proprio il portoghese), l’elemento fondamentale migliorativo rispetto alle passate stagioni, è che in questa si sono ridotti drasticamente gli infortuni muscolari (sia chiaro, tocchiamo ferro). Basti pensare allo scorso anno, quando, per esempio, a Manchester, nella semifinale di Europa League, nel primo tempo si fermarono tre giallorossi per guai muscolari. Da quando è arrivato Mourinho, tutti questi contrattempi fisici si sono ridotti drasticamente. E di questo bisogna dare merito al tecnico e al suo staff che, sin dal loro arrivo, non hanno mai nascosto di voler lavorare su questo aspetto, nella convinzione che si potesse migliorare. Detto e fatto. Prendete Smalling per esempio. Un anno fa più in infermeria che in campo, in questa stagione, dopo un inizio curativo, è diventato un punto fermo della squadra. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. La Roma sta bene ed è pronta per cullare il sogno di un grande finale di stagione.

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