Roma-Juve 3-0, 16 marzo 1986: ecco come è nato 35 anni fa quel capolavoro

Di Tonino Cagnucci – Il giorno dopo Roma-Avellino inizia il capolavoro di Roma-Juventus. Si pensa a qualcosa di mai visto prima in nessuno stadio in Italia e d’Europa. Qualcosa che renda omaggio a quella che, in quel momento, è forse la miglior Roma di sempre, almeno dal punto di vista del gioco; qualcosa che l’avvolga e la sproni, qualcosa che lasci a bocca aperta tutti. Si pensa a uno stadio tutto giallorosso, a una coreografia per tutto l’Olimpico.

Lo slogan per le partite che contavano, nei volantini, nei comunicati, nei passaparola, nel cervello era sempre lo stesso in quegli anni: «Almeno oggi tutto lo stadio come gli ultrà». E partiva sempre almeno una volta il coro dalla curva: «Tutto lo stadio». Era l’epoca in cui si ricercava costantemente comunione. La regia di tutto è di Fausto Iosa e dei suoi ragazzi del Commando Ultrà Curva Sud.

Pruzzo fa 5 gol all’Avellino, il giorno dopo riunione e primo sopralluogo all’Olimpico. Ne seguiranno tanti altri: lo stadio va misurato in tutte le sue dimensioni, settore per settore. Si va. Si va a Firenze dove pareggiamo sotto la pioggia, e c’è una sorta di prova nel settore. Ogni sera una riunione, prove, paure e speranze. La Roma dopo la stecca di Firenze, perde a Verona: fa male, ma chissenefrega. A 5 punti dalla Juve lo Scudetto è praticamente andato, l’idea e la voglia no. La Roma merita il più grande riconoscimento possibile, questa è la nostra partita, di fronte abbiamo “loro”.

Bisogna avere ancora tutte le autorizzazioni per una cosa del genere: la società non è un problema, la Questura insomma, di sicuro serve la dichiarazione di “idoneità” dei materiali dalla ditta che li forniva. Il giorno dopo il Bentegodi arriva il camion con i chilometri di plastica colorata. Ma non è ritagliata, le misure non sono suddivise per settore, i rotoli vanno tutti srotolati, rimisurati e ritagliati, in più il rullo che li tiene non va bene perché è impossibile da gestire. Ci saranno nuovi rulli, messe nuove bobine. Si rimisura, si ritaglia, si continuano i sopralluoghi dell’Olimpico, servono i pass per andare nei diversi settori da dove si coordinerà lo spettacolo: Tevere, Monte Mario, Distinti Nord, Sud, curve.. E poi tutti in Sud.

Sarebbe un paradosso che lo spettacolo più grande mai allestito in uno stadio si svolga con la Sud orfana di chi lo ha creato. O forse no. Estremo esempio dell’altruismo di quei tempi:si fanno le cose per la Roma e per gli altri tifosi, non per sé. Le strisce rosse vanno bene, quelle gialle sono indietro nella lavorazione.

È sabato, bisogna portare tutto il materiale dentro massimo per le 10.30. Alle 8 una decina di rotoli non hanno il cavo tirante, si va comunque, si finirà il lavoro direttamente domenica mattina. Domenica. Quando “sonano” le campane il Commando è già dentro, alle 7.30 ci stanno tutti, coi pass, le istruzioni avute e quelle da dare, i volantini, i megafoni, le raccomandazioni, la Monte Mario sembra in ritardo poi sono le 14.30. Mario Iosa ha un bandierone della Svezia, omaggio a Eriksson, col quale darà il via allo spettacolo non appena dal tunnel sbucherà Agnolin. Eccolo. Guardate. 16 marzo 1986, Roma-Juventus 3-0.

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