Il mistero buffo di una squadra che funziona

La Roma è un mistero, più o meno buffo. Una squadra strana. Unica, verrebbe da dire. E non soltanto perché, per fare un esempio, pur avendo segnato gli stessi gol della Salernitana vanta in classifica 9 punti più dei campani. Strana, scrive La Repubblica, perché ti dà costantemente l’impressione di non valere una lira, e forse quello è esattamente il suo valore. Poi, però, te la ritrovi a 2 punti dal secondo posto e le certezze ti crollano. Così la squadra strana (unica?) forse tanto strana non è. Singolare, se mai. Particolare, forse. Paradossale di sicuro. La Roma non ha un gioco spettacolare (c’è chi sostiene che non abbia minimamente gioco…) eppure si ritrova davanti a rivali che riempiono le prime pagine dei giornali o dei siti specializzati per la bellezza del loro calcio. Aggettivi roboanti, stellari, meravigliosi. Fai due conti, però, e ti accorgi che pur non avendo uno straccio di (bel) gioco, pur non incantando gli occhi dei critici e degli addetti ai lavori viaggia alla media di più di 2 punti a partita. C’è un trucco? Come è possibile? La classifica è taroccata? No, probabilmente non è azzeccato il giudizio generale sulla squadra di Mourinho. Esistono tanti modi per giocare a pallone e José ha scelto da sempre di farlo in maniera essenziale.

La Roma non diverte neppure il suo allenatore, ma fa punti. E, allora, non è divertente guardare la classifica? Quello sta sempre in infermeria, quell’altro non segna neppure a porta vuota, il portiere è bollito eppure la Roma va. Un mistero, parecchio buffo. Domanda: non sarà che il gruppo di Mou è criticato oltre il giusto, cioè al di là dei suoi indiscutibili difetti? I pregi (da qualche parte ci devono stare, sennò la classifica sarebbe artefatta) raramente vengono evidenziati con il giusto spessore. I giudizi positivi latitano, ciò che non latitano però sono i punti. Con una botta di qua e un’altra di là e/o con la giocata di questo o quello (tipo l’emergente Volpato, per intenderci) più che con il gioco, la Roma riesce a mantenere una continuità direttamente proporzionale al suo essere discontinua. La casualità delle prestazioni che le viene rinfacciata, a gioco lungo non può (più) essere casuale. E sc qualcuno scopre oggi il calcio di Mourinho vuol dire che negli ultimi venti anni si è occupato di altro, senza vedere una sola partita di pallone con il portoghese in panca. Peccato. Per lui, ovvio.

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