Il racconto della festa, seconda parte: dal tramonto all’alba, Roma tifa Roma

Era il tramonto quando è iniziata Roma-Feyenoord a Tirana. Se immaginiamo che durante la partita ciascun romanista abbia trattenuto il fiato e saltato cent’anni in un giorno solo, all’uscita dallo stadio, quando veniva spolverato il terreno di gioco dell’Arena Kombëtare, ancora pieno di coriandoli fino a un’ora dopo la partita, è stata per lo più una corsa verso l’aeroporto. A piedi, fino a un certo punto, in taxi, ma soprattutto con i pullman, che hanno creato una lunga fila di mezzi strombazzanti e allegri, con i driver albanesi complici dei sostenitori giallorossi in paradiso dopo la serata magica della Roma.

All’arrivo al terminal velocissimi i controlli e la sensazione di un via vai di navette, aerei in pista e in attesa. I più fortunati, scrivono Gabriele Fasan e Leonardo Frenquelli, sono riusciti a partire con solo un’ora di ritardo rispetto all’orario previsto da piano di volo, ma era previsto: chi vince parte più tardi perché deve festeggiare e avrà la pancia piena, sarà più predisposto ad attendere e a godersi qualche minuto in più nella città della quale conserverà un ricordo particolare per sempre. Un’ora o poco più di volo tra una battuta, un coro e una discussione semi-seria di calciomercato, prima di scorgere l’Olimpico dall’alto, bellissimo, e ancora illuminato per le pulizie di rito dopo la partita che non c’era che però aveva fatto registrare un tutto esaurito.

I meno fortunati, invece, sono rientrati in Italia addirittura in tarda mattinata, con i charter che si davano il cambio in una staffetta aerea nel cielo italo-albanese. Più di qualche disagio per i ritardi, ovviamente, con diverse persone spazientite, nonostante la grande gioia provata poche ore prima. I meno fortunati, tra l’altro, non sono riusciti nemmeno a inseguire la squadra, atterrata a Fiumicino poco dopo le 4 di notte, che ha però lasciato con l’amaro in bocca centinaia di persone che erano arrivate all’aeroporto Leonardo Da Vinci per celebrare l’uscita del pullman. Terminal 3? No, Terminal 5. Anzi, forse «escono da dietro». Ma dietro dove? Sicuramente all’oscuro di praticamente tutti, se non qualche passante casuale che magari tifava pure Roma che si è visto sfrecciare il pullman della squadra giallorossa con la coppa a bordo e diretto a Trigoria di corsa, accolto da altre centinaia di tifosi che evidentemente, all’alba, ci avevano visto lungo: la Roma a casa doveva tornare.

E a Trigoria infatti era stato preparato un palchetto sul quale campeggiava uno striscione rosso con la scritta gialla: Roma ha vinto. Il tutto nella terrazza dove Mourinho si era presentato il 2 luglio scorso alzando una sciarpa e si è ritrovato ieri sera ad alzare una coppa. Con Mancini mattatore al microfono che chiamava tutti i compagni ad alzare il trofeo della Conference League appena conquistato: i leader italiani, capitan Pellegrini e Cristante, i portoghesi Sergio e Rui, i due protagonisti inglesi Abraham e Smalling. Tutti in attesa dell’ufficialità, arrivata poi all’ora di pranzo di una festa nelle strade, con il pullman scoperto e la coppa in bella mostra, previsto per il pomeriggio.

Roma tifa Roma

«Siamo tornati a Roma! E vogliamo festeggiare nella nostra città con tutti voi. Partiremo alle 16:30 con il pullman da via Terme di Caracalla e andremo insieme verso il Circo Massimo»: con questo messaggio il club giallorosso ha dato l’appuntamento ai suoi tifosi che lo aspettavano dopo una notte memorabile, con la voglia di festeggiare con la squadra, con la società e con la coppa. I pullman che hanno attraversato la folla di tifosi erano tre: il primo, quello che guidava il corteo, era quello dei giocatori, poi quello in cui siedeva un acclamatissimo José Mourinho con lo staff della squadra, l’ufficio stampa e un gran numero dei dipendenti del club e infine un terzo con Dan e Ryan Friedkin da grandi protagonisti.

Erano centinaia di migliaia i tifosi che hanno affollato le vie della Capitale, un vero e proprio fiume di persone che scendeva dal Colosseo verso il Circo Massimo, o che da lì saliva verso Caracalla. Lo sventolare delle bandiere, i canti e gli striscioni sono cominciati ben prima dell’arrivo dei pullman, che, scortati nel loro avanzare dal cordone creato dalle forze dell’ordine hanno incontrato per la prima volta la folla già all’altezza delle Mura Aureliane all’apice di Viale Cristoforo Colombo. Poi sono scesi verso Piazzale Numa Pompilio, hanno svoltato a sinistra su Viale delle Terme di Caracalla fino al largo Vittime del Terrorismo. Poi, ancora, il corteo si è diretto a destra (senza entrare al Circo Massimo perché le strade erano colme di romanisti festanti) fino a Piazza del Colosseo, per poi salutare la propria gente, prendere via Labicana, circumnavigare la zona e andare a riprendere la Cristoforo Colombo con destinazione Trigoria, dove ad attendere la squadra c’erano ancora altri romanisti.

Uno spettacolo: non c’è altra parola per definire il modo in cui la famiglia romanista si è riunita nel pomeriggio di ieri. Tra i giocatori, Mancini e Zaniolo erano i più “carichi”: il primo intonava i cori con il microfono e ha persino acceso un fumogeno mettendolo in bocca a mo’ di sigaro, il secondo era proprio come fosse un frequentatore abituale della Curva Sud: non ha mai smesso di cantare, dai cori per lui e per i compagni, fino agli inni giallorossi. Ma la gioia incontenibile era di tutti: Smalling e Tiago Pinto lanciavano champagne sulla gente, capitan Pellegrini custodiva la coppa e la alzava dettando il ritmo degli “olè” dei tifosi, Zalewski e Bove raccoglievano striscioni della Sud e li esponevano con fierezza. E poi Fuzato, Felix, Abraham: hanno partecipato tutti perché la Roma è una famiglia e perché tanto amore è inevitabilmente trascinante.

C’era tanta ammirazione e soddisfazione negli occhi di Dan Friedkin, tanto orgoglio nel “pugnetto” di esultanza del figlio Ryan e pure per loro non sono mancati i cori e gli applausi a scena aperta, fino ai consigli o richieste di mercato: «Presidente, portaci Dybala», hanno intonato più di una volta i romanisti. Mourinho per le prime fasi del tragitto è rimasto seduto, ma al continuo richiamo della gente si è alzato e ha salutato quasi commosso tutti i suoi sostenitori. «Uno di noi», gli cantavano, dove quel «noi» sta per la Roma, quindi anche la sua gente e tutta la sua città. Passare da Caracalla al Colosseo, solitamente, non richiede più di una ventina di minuti: il corteo di festa della Roma ci ha messo tre ore abbondanti, colme di gioia, colori, e fumogeni romanisti come da queste parti non se ne vedevano da anni e come tutti si augurano si rivedranno presto. Roma ha vinto.

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