Spinazzola sprinta: “Mi sentivo quasi finito ma ora voglio alzare la Coppa”

Il sorriso di Leonardo Spinazzola è un faro che illumina la scena. Dovunque si metta, la parte dove sta lui è quella più radiosa dell’intero panorama. La più plastica di Trigoria. E rispondere alle domande dei giornalisti convocati dalla Roma non gli costa alcuna fatica.

Leo dunque? Sensazioni?
«Le sensazioni sono buone, mi manca solo un po’ di minutaggio, ma non ho perso mai la consapevolezza. In campo quando sono tornato mi sono sentito veramente bene, come se fosse passato poco tempo. Forse è un bene aver dimenticato quello che ho passato».

Nella rieducazione ci sono stati diversi alti e bassi, no?
«È stato terribile quando non vedevo i risultati. Entravo a Trigoria alle 9, uscivo alle 16, il muscolo era come morto. Non vedevo risultati, quello è stato il momento peggiore. Mi sentivo impotente. Poi c’è stato il change e sono ripartito».

Che tipo di change?
«Ma forse era solo una questione di tempo. Bisognava solo aspettare».

E questo ha contrastato contro il tuo iniziale ottimismo. Novembre, quel titolo sparato proprio qui sul Romanista, era stata la tua previsione.
«Ma io ero consapevole di quello che dicevo, non ero un pazzo. I primi mesi sono stati tutti di corsa, avevo avuto l’esperienza del crociato, andava tutto bene. Io dopo gli Europei volavo, ero sicuro che avrei battuto ogni record. Il guaio è arrivato dopo, quando il muscolo non cresceva, ci ragionavamo su, allora mi consigliavano un passo indietro per non caricare troppo, e ogni volta ripartivo più dietro. Allora ho pensato che avrei avuto bisogno di più tempo».

E ora voli di nuovo in fascia davanti ai tuoi tifosi.
«Con questo popolo dietro è tutto più facile. Ti spinge, ti sprona, è caloroso, quando i tifosi vedono una squadra con la loro stessa mentalità, con la loro grinta, il loro carattere, ti ripagano con il loro affetto. Meriterebbero un trofeo. Ci stiamo provando».

Ora potrebbe essere il contrario rispetto agli Europei: lì giocasti quasi fino alla fine, poi sei uscito. Ora è l’inverso: sei pronto a giocare la finale che i tuoi compagni hanno guadagnato.
«Sarebbe una grande soddisfazione per tutti, e anche per me, non lo nascondo. Chiudere in bellezza vincendo un trofeo e magari anche giocare la finale sarebbe bello».

Percepisci questa possibilità come un riscatto per quello che magari il destino ti ha tolto con quell’infortunio agli Europei?
«No, io mi sento di aver vinto gli Europei come gli altri. Non cerco riscatto».

A Tirana ti piacerebbe giocare subito o subentrare?
«No no, posso stare anche in panchina 90 minuti, o subentrare. L’importante sarà alzare la coppa».

Titolare col Venezia, e poi col Torino: ti ha dato qualche segnale Mou per la finale? Fino a un paio di settimane fa sembrava che tu potessi tornare utile solo dalla prossima stagione.
«Non ci penso davvero a giocare o no. Io sono disponibile e sono felicissimo di essere tornato disponibile. Perché veramente il mio piacere adesso è correre anche solo in allenamento».

C’è similitudine tra il gruppo degli Europei e questo della Roma di Mou?
«Come compattezza sì. Poi è normale che in Nazionale siamo tutti italiani. Qui alla Roma invece ci sono giocatori di tutto il mondo e io non parlo neanche una parola di inglese. Ma ci capiamo a gesti…».

Pensi a come sarebbe cambiata la tua vita se a gennaio 2020 fossi passato all’Inter?
«Ci ho pensato tante volte in passato, da quel giorno ho avuto una svolta mentale, come persona, come gestione emozionale, come uomo. Ringrazierò per sempre il destino per come è andata».

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