José spaccatutto

Non è la prima volta che Mourinho si lascia andare a sfoghi così diretti con la squadra, come quello raccontato ieri dal Corriere dello Sport. Era accaduto già in estate, dopo la gara di Trieste, alla quale era seguita, il giorno seguente, una riunione pre-allenamento nella quale il tecnico aveva chiesto un radicale cambiamento di mentalità e di atteggiamento, richiamando il gruppo ad un concetto a lui molto caro: la mancanza di personalità, scrivono Stefano Carina e Gianluca Lengua su Il MessaggeroUn leit-motiv che si era riproposto nel post-Bodo, quando Mancini e Pellegrini – a seguito del clamoroso ko per 6-1 – avevano dovuto mediare alla sfuriata dello Special One negli spogliatoi, rincuorando soprattutto Kumbulla, Villar e Mayoral, tra i più bersagliati dal tecnico. In tempi più recenti, i 7 minuti del ribaltone juventino all’Olimpico, hanno creato un altro confronto. Perlopiù tecnico stavolta. Così nell’analizzare il gol di Dybala e nell’intravedere responsabilità di Veretout, il centrocampista ha replicato, dando vita ad uno scambio di battute abbastanza acceso. Sino ad arrivare all’altra sera a San Siro quando è andato in scena un copione già ascoltato nei toni e nei modi. In Norvegia il paragone era stato con i calciatori del Bodo e della serie B (“Non siete in grado di giocare nemmeno lì“). A Milano sono stati declassati a “uomini senza palle che devono giocare in serie C”. Al di là del cambio di serie, quella di Mou è una strategia ormai nota: umiliare i calciatori per scatenare una loro reazione. E sin qui, chi più chi meno, avendo ormai imparato a conoscere il modus-operandi dello Special One, anche l’altra sera ha accettato le durissime parole del portoghese. “Cose da spogliatoio” che come tali dovevano rimanere entro le quattro mura. E invece, il fatto che siano finite in pasto ai media, non è piaciuto alla squadra. Si racconta che dopo una sconfitta, i calciatori evitino addirittura di passare davanti al suo ufficio. Insoddisfazione che si allarga anche ad alcune scelte tecniche e metodologie di campo, ritenute ormai sorpassate. Un malcontento non espresso direttamente ai piani alti’ per due motivi: in primis perché non c’è un referente societario con il quale confrontarsi. Pinto viene visto infatti come una figura troppo vicina all’allenatore mentre i Friedkin non entrano per principio sulle questioni tecniche o nei rapporti tra José e squadra. Mourinho, poi, ad oggi è il padrone assoluto di Trigoria e continua ad avere l’appoggio della maggior parte del tifo.

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