Genoa, c’è il progetto ma adesso serve l’impresa

La prossima prova di maturità che attende la Roma di José Mourinho è il Genoa. Non è una novità, è vero, tutto sommato, però, le principali arrivano tutte dalla squadra rossoblù, rivoltata e ringiovanita nella passata finestra di calciomercato. A ricordarlo è anche Gian Battista Olivero sulle pagine della Gazzetta dello Sport. “Tutto o niente – scrive il giornalista -. Uno degli slogan più abusati sintetizza bene la strategia del Genoa che si è affidato non solo a un nuovo allenatore, ma a un’idea di calcio a cui non siamo ancora abituati in Italia“.

Il nuovo tecnico dei genovesi è cresciuto nel Lipsia con Rangnick e la sua impronta si è vista soprattutto nelle scelte: Pandev, una bandiera, è andato via e con lui è partito anche Caicedo, mai inserito veramente nella rosa rossoblù. In compenso, però, sono arrivati “un manipolo di giovani disposti a tutto per un posto al sole“. Ci sono Hefti (24 anni), Ostigard (22), Yeboah (21), Calafiori (19), Piccoli (21), Frendrup (20), Gudmundsson (24), Czyborra (22). Il più vecchio è Amiri (25). Potrebbe non essere questa la ricetta giusta, ma intanto un progetto c’è, un progetto che è mancato con Ballardini e soprattutto con Shevchenko, parentesi che hanno confinato il Genoa al penultimo posto in classifica.

Per uscire dal pantano, quindi, serve anche aggressività. E, al di là del fatto che i progetti prescindono dai risultati, “almeno nel breve periodo“, una retrocessione non aiuterebbe la nuova società, che ha un’idea diversa rispetto a quella che aveva in mente Preziosi: proporsi come una realtà solida nel panorama calcistico italiano. Dopo lo 0-0 contro l’Udinese si è vista la strada giusta, ma per non scendere in Serie B serve aggressività, dicevamo, ma anche “determinazione e volontà di mettere in difficoltà gli avversari“. “Serve una marcia da qualificazione europea e forse per questo motivo la proprietà ha scelto un ds e un allenatore che del calcio hanno una visione europea“, conclude Olivero. E sabato, sì, c’è la Roma.

È un indovinello, avvolto in un mistero, all’interno di un enigma: la celebre descrizione dell’Unione Sovietica da parte di Winston Churchill può valere anche per il Genoa, atteso all’Olimpico contro la Roma, scrive Andrea Sorrentino su Il Messaggero. E non solo perché è penultimo in classifica, con una vittoria in 23 gare. È che al momento non esiste in serie A una squadra più indecifrabile e più rinnovata, dai quadri societari e tecnici al parco giocatori, fino allo sponsor di maglia, che esordisce domani ed è un integratore, di quelli per ripartire di slancio. I dirigenti sono arrivati a metà novembre, dagli Usa come ormai un terzo dei proprietari in A. Sa di laboratorio l’operazione tecnica che a metà gennaio, constatati gli impacci di Andriy Shevchenko che a sua volta era subentrato a Ballardini, ha portato in panchina Alexander Blessin da Stoccarda, 48 anni, 0-0 all’esordio contro l’Udinese, un curriculum che sta in un biglietto del tram: 8 anni nelle giovanili del Lipsia, poi 18 mesi in Belgio all’Ostenda (subito un quinto posto, ma un mese fa era terz’ultimo in classifica). E’ stato tirato fuori un mercato frenetico, con un passivo di 20 milioni: tra rientri prestiti, rescissioni varie e ragazzi, sono andati via in 13 (tra cui Pandev, Behrami, Caicedo e Radovanovic) e sono arrivati in 15, tutti tra i 20 e i 25 anni. E quasi tutti dall’Europa del nord, tranne gli italiani Piccoli e Calafiori: tra gli altri il tedesco Amiri, i norvegesi Frendrup e Ostigard, l’islandese Gudmundsson, lo svizzero Hefti, l’attaccante italo-ghanese Kelvin Yeboah, nipote del mitico Tony Yeboah.

Il Genoa conobbe l’Olimpico (inaugurato 4 mesi prima) il 13 settembre 1953, da neopromosso, e capì subito che aria tirava: autogol di Gremese dopo 18’, il portiere Gualazzi per cercare di evitarlo si infortunò e rivide la serie A solo un anno dopo, la Roma alla fine vinse 4-0, scrive Massimo Perrone sul Corriere della Sera. Nei quasi settant’anni successivi, incredibile ma vero, in questo stadio ha battuto i giallorossi solo in amichevole (1-0 nel 1967) ma mai in un incontro ufficiale: 33 sconfitte e 5 pareggi. Le 2 vittorie le ha ottenute al Flaminio: 5-2 in Coppa Italia nel 1962 e 1-0 in campionato nel 1990.

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